Ansa News

lunedì 12 settembre 2011

LIVARKAHIL – Signs of Decay


La Francia più nera e dannata ripropone una sua creatura giovane, ovvero i Livarkahil. Grazie alla connazionale Listenable Records la band arriva al secondo album dopo l’interessante esordio “First Act of Violence” del 2008. “Signs of Decay” è un violento manifesto avverso alla religione e all’autocrazia dei suoi esponenti e ovviamente una tematica del genere viene manifestata attraverso un metal estremo, il quale nel caso dei Livarkahil è stato da sempre il death metal, ma sempre in forma veloce, ossessiva, con ampi squarci dai toni epici. Un riffing serrato e brutale, ma contaminato dal metalcore e dal thrash metal moderno. Death metal tempestoso e senza compromessi dunque, come già si intuisce dall’iniziale “When Hell Is Near”, preceduto dall’apocalittica introduzione di “In Nomine Patris”. Interessante l’uso dei mid-tempos, che danno tregua al massacro continuato e conseguentemente scongiurano la possibile monotonia che ne può nascere da pezzi realizzati col tritacarne. Il merito finale dei francesi è quello di sapersi destreggiare tra il death metal e gli elementi in chiave moderna che erompono dall’album: più o meno quanto hanno saputo fare i Behemoth, ad esempio. “Quiet Heresy”, “We Hail the Victoy”, la marziale “In the Flesh of All Damned” (titolo fantastico!) o l’epica “Heaven Shall Fall” sono alcuni brani di spicco di un lavoro in grado di offrire undici buone composizioni, le quali richiedono qualche ascolto in più per entrare nel clima infernale che le pervade. “Signs Of Decay” è stato realizzato con la produzione di HK & BST (Aosoth, The Order Of Apollyon) e con il missaggio e la masterizzazione eseguiti presso gli Hertz Studio (Behemoth, Decapitated, Vader). Grande merito alla sintonia tra le sei corde e il drumming, i quali rendono questo album una totale devastazione e l’ascoltatore medio del death metal si riterrà soddisfatto di questa nuova stella nascente nella notte nera del metallo d’oltralpe.

Voto: 7/10

Halb9000

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