Molti di voi conoscono Steve Morse come colui che nel 1994 ha sostituito il musone,l unatico ma geniale Ritchie Blackmore nei Deep Purple, dei quali è ancora il loro axe-man, ma è una lacuna non da poco, tenuto conto che prima di portare il suo eterno sorriso (oè, ci fosse una sola foto col muso…è sempre sorridente, beato lui…) nella musica profondo porpora, ha fondato i talentuosi Dixie Dregs, gruppo dove jazz, fusion, funky, folk e prog convivono tranquillamente, con i quali ha varato una discografia di tutto rispetto oltre alla notevole fama conquistata specialmente tra gli appassionati. Poi tra il 1986 ed 1991 ha militato nei mitici Kansas, con i quali ha pubblicato due dei loro migliori albums (Power ed In The Spirit of Things), nel frattempo è venuta anche la Steve Morse Band … Insomma, come vedete un percorso notevole che con l’approdo nei Deep Purple ha trovato il giusto coronamento alla già notevole fama di Steve, che ha portato tutto il suo talento in questi ultimi, permettendo loro inoltre di rinfrescare positivamente il loro sound e di pubblicare albums innovativi e di notevole spessore. Contemporanemente Steve ha continuato la sua carriera solista ed oggi la grandissima e mitica Metal Mind ce ne ripropone ben tre che giungono nelle nostre mani in bellissime e curatissime confezioni digipack, come da sempre è costume dell’etichetta polacca. Il primo lavoro è High Tension Wires dove il chitarrista torna a collaborare con i suoi vecchi compagni dei Dixie Dregs, per quanto in molti pezzi ci sia esclusivamente il suo lavoro. Tutte le mille sfaccettature del sue stile convivono in questo lavoro ed è fondamentale puntualizzare che qualsiasi nota suonata dal nostro non è mai banale, si tratti di un brano lento, si tratti di una cascata di note ! E quindi abbiamo le ariose atmosfere di Ghostwind, Country Colors ed Endless Waves, i madrigali di The Road Home, Highland Wedding e Looking Back, la fusion di Leprechaun Promenade, il divertissement (sentite, sentite !!!) di Tumeni Notes (scritto proprio cosi !!!) ed il magnifico finale con Modoc. Il secondo lavoro preso in esame, Southern Steel, esce nel 1991 (a due anni di distanza dal precedente) sotto il monicker Steve Morse Band dove il nostro, accompagnato da due fidi compagni (è un trio alla fine), ci regala una gemma di jazz, rock e fusion dove tutti i brani sono da gustare senza distogliere l’attenzione… ascoltando questo disco nella sua interezza capirete cosa vuol dire sentire la chitarra parlare. Point Countrpoint, l’ultimo brano del disco, è la dimostrazione che oltre ad avere abilità manuali notevoli, Steve ha un’immensa conoscenza di storia e di teoria della musica. L’ultima ristampa proposta, Coast To Coast, è la summa di quanto di buono il chitarrista ha prodotto nella sua carriera sino a quel momento (siamo nel 1992). E’ un album che lascia senza fiato per le composizioni, le armonie e la sinergia creata dal chitarrista con Dave La Rue al basso (assolutamente mostruoso) e Van Romaine alla batteria. Vi posso solo dire che la triade centrale composta Morning Rush Hour, Runaway Train e Long Lost è da brividi, come tutto il resto dell’album comunque. Insomma che dire, spero solo che questo articolo susciti davvero la vostra curiosità e vi stimoli a scoprire quello che può essere ritenuto uno degli axeman più geniali del mondo, che non è affatto da meno ad uno Steve Vai o un Joe Satriani, anzi…
Voto: 9/10
Salvatore Mazzarella
Voto: 9/10
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