Ansa News

domenica 25 aprile 2010

NAHEMAH - A New Constellation


Il coraggio di maturare e trasformarsi. Questo è il percorso degli iberici Nahemah (band attivia dal 1999), che dalle sonorità Symphonic Black sono passati ad una musicalità più “progressiva” senza, comunque, dimenticare le proprie origini. Imbattersi nel loro “A New Costellation” è stata davvero una gradevole sorpresa. Le prime battute dell’album, precisamente della track di apertura (“Much Us”), ci hanno inizialmente fuorviato con una sorta di fusion tra metal progressive e disco dance anni ’70. La bilancia, però, pende repentinamente verso il prog, che nel corso dell’opera sposa bene sonorità darkeggianti, gotiche e post-rock. Il sound è supportato egregiamente da un growl estremamente gutturale e graffiante. Il lavoro è complessivamente fluido ed armonioso, non disdegnando aperture melodiche. Apprezzabili i virtuosismi compositivi che emergono in alcune tracce come la complessa “Absinthe”, dove spuntano sax e voce clean. Le atmosfere oscure e malinconiche sono pronte a coinvolgere l’ascoltatore, soprattutto quello più attento, al quale non sfuggiranno i passaggi di tastiera orientaleggianti in stile Amorphis. La miscellanea del cantato growl-clean ricorda in alcuni frangenti i Novembre, ma le influenze principali (ovviamente) giungono da gruppi ben più noti: Katatonia, Opeth, Moospell e soprattutto Anathema. Diventa arduo individuare cali di tensione, in particolare se esaminiamo tracce dense e sofferte come “Reaching The Star” oppure la fluida e ambientale “The Perfect Depth Of The Mermaids”. Incantevole l’assolo di sassofono e la female vocal (quasi recitata) di “Air”, autentico pezzo di rottura con il resto dell’album. Non mancano alcuni richiami al doom classico (anche per durata temporale della canzone) dei Paradise Lost: “Under The Mourning Rays” ne costituisce l’esempio. Merita almeno un ascolto “The Trip”, che rappresenta una sorta di sintesi dell’intera fatica del quartetto di Alicante. Sintetizzatori e atmosfere oniriche caratterizzano “The Smoke’s Men”. La chiusura dell’opera è malinconica e cadenzata dalle sonorità di “Outer”, nel quale vi è la totale assenza del cantato. Non resta, dunque, che godersi le 10 tracce di questo lavoro con una raccomandazione: ascoltatelo senza preconcetti.

Voto: 8,5/10

Enrico Losito

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