Il messaggio è nell’epilogo, in quel brano che sembra chiudere un cerchio d’analisi ruvida quanto schietta, scevra da pregiudizi quanto coraggiosa. “Vita Bona” identifica l’orgoglio e la voglia di reazione insita in un popolo, quello partenopeo, che i Co’Sang celebrano in modo atipico a quattro anni dall’uscita del loro primo lavoro discografico valutato sul mercato nazionale (“Chi more pè mmè”). Un percorso al quale il gruppo, capeggiato da Luca “Luchè” Imprudente ed Antonio “Ntò” Riccardi, la cui genesi risale agli anni Novanta, si coniuga nel rispetto e nel culto delle radici napoletane, nella vivisezione delle tematiche, tradizionali eppur riproposte attraverso una profonda introspezione ed aldilà di qualsiasi sudditanza, nello sviluppo musicale e stilistico. Il sound espresso nel nuovo album è perfezionato: non rinuncia allo slang napoletano, ma lo applica su una base “coerente”, caratterizzata dal ritmo e dalle percussioni identificative dell’hip-hop, che sanno pulsare e rallentare con sapienza intermittenza. La voce calda ed il parlato appassionato sono filtrati talvolta attraverso atmosfere soul, non disdegnano l’introduzione di fiati ed archi, quasi a conferire una patina mistica al singolo brano (“Nun saje nient e me”). E l’elemento vintage non è abbandonato, perchè si colgono suoni mutuati dai Seventies, dal vago sapore retrò (“Riconoscenza”) e cori lievissimi. Ascoltare il disco dei Co’Sang equivale alla cognizione di quel connubio di spiritualità e carnalità che è Napoli, nella sua parte più realistica ed erroneamente schematizzata, ovvero quella dei quartieri, dei sentimenti spiccioli, della contraddizione e delle emozioni forti. Teatralità autentica: la missione degli “Indy-geni” Co’Sang è unicamente quella della divulgazione, della comunicazione cosmopolita gridata dal popolo partenopeo, positivo in una speciale atarassia nei confronti del resto del mondo, che mai deve essere confusa con la mancanza di una presa di posizione. E’ l’immagine di una terra stupenda e difficile, che seduce, che non può essere stigmatizzata nei suoi limiti: tutto si tramuta in emozione, tutto è carico di sentimento e fascino. Dall’amicizia ancestrale e viziata dalla necessità, per i ragazzi, di crescere troppo in fretta in determinati contesti, senza tracce di paura, senza finzioni (“Amic Nemic”). Dal dialetto alle scorciatoie della vita, dall’amore istintivo alla famiglia (“Casa mia”), dalla “fottuta ricerca del successo” ad una visione illusoria e statica del personaggio-napoletano che poi è risposta ad un sistema che sbaglia. Per il duo Imprudente-Riccardi l’indipendenza della musica è fondamentale, non discrimina. E l’opportunità di cambiare, di non lasciarsi suggestionare esiste, in quegli sguardi profondi ed oscuri della gente di Napoli: è lì, nell’iter più confortante che proietta alla Vita Bona, da “osare oppure usare”, senza vittimismi ed inibizioni.
Voto: 7/10
Alessandra Carpino
Voto: 7/10
Alessandra Carpino
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