Tra i figli della terra d’Albione ci sono i A Forest Of Stars, una band che nel giro di due anni realizza il secondo album in studio. “Opportunistic Thieves of Spring” è concretamente il lavoro di una band inglese, in quanto non è tanto la matrice folk che erompe dai pezzi a caratterizzarne il proprio sound, ma l’uso di strumenti come il violino o il pianoforte i quali si inseriscono nel tessuto chitarristico in modo efficacemente spontaneo e sincronico. Sembra di assistere al retaggio delle sperimentazioni nel rock anglosassone degli anni ’60-’70. In realtà i A Forest Of Stars sono davvero una band di stampo black metal, dal carattere intensamente oscuro, d’atmosfera; ma nelle loro tinte di un gotico grezzo e torbido c’è il pallino di rovistare, probabilmente, nel proprio background (e in quello rock nazionale) e sovvertire conseguentemente ogni schema. “Opportunistic Thieves of Spring” in alcuni frangenti sparsi, appare come una grossolana rivisitazione dei Jethro Tull (o tenta di rivangarli), ma l’oscura e mefitica impostazione black metal alla fine ha sempre prepotentemente la meglio su tutto. Gli A Forest Of Stars sono dei bardi estremisti, ma oscuri, dannati, angosciati. A voler ricordare qualche idea altrui, nel sound della band verrebbe da citare anche i Paradise Lost, quelli vecchia maniera però. Eppure qualche influenza arriva anche da oltreoceano, visto che alcuni passaggi nei quali il violino, ma anche il flauto, ricalcano scenari molto simili ai Goodspeed You! Black Emperor. Si, in sostanza c’è anche del post-rock/post-metal in tutto questo. In conclusione si può dire che “Opportunistic Thieves of Spring” è un lavoro vittoriano, ampiamente decadente e gotico. Un lavoro dove dietro ogni angolo compare qualcosa di inatteso, o forse pericoloso, ma certamente spiazzante!
Voto: 7/10
Alberto Vitale
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