Ansa News

giovedì 13 agosto 2009

ODESSA - E venne il Giorno del Giudizio


Intervista agli Odessa, ci risponde il tastierista e cantante della band Lorenzo Giovagnoli:

Siete appena usciti sul mercato discografico con un nuovo album in studio, potete presentarlo ai nostri lettori?

-Volentieri, si chiama “The Final Day – Il giorno del giudizio”, ed è il nostro secondo lavoro in studio a distanza di 10 anni dal primo (Stazione getsemani, Mellow Records 1999). Si tratta dunque dell’approdo di una lunga storia, ecco più o meno come ci siamo arrivati: Nonostante un’ottima accoglienza da parte della critica specializzata, all’uscita di Stazione Getsemani fu davvero difficile per noi trovare spazi per esibirci e portare in giro la nostra musica. Certo ci fu qualche bella esperienza, come il concerto con Ian Paice dei Deep Purple nel 2000, la partecipazione e la vittoria in alcuni contesti per band emergenti, ma sentivamo fortemente la mancanza di una giusta dimensione live, quale il gruppo era pronto ad esprimere. A questo si aggiungeva il problema dell’assenza di un batterista di ruolo (Federico Filonzi collaborò con noi solo in studio per registrare il disco). Fu così che nel finire del 2001 il gruppo si prese un momento di riflessione. L’anno successivo, assieme a Valerio, decidemmo di riformarci, per esibirci alla rassegna “Territorio Musicale” di Urbino. Boris Bartoletti (Chitarrista degli Odessa in Stazione Getsemani), ormai assorbito dalla collaborazione con diversi gruppi, non si diede disponibile e così entrarono nel gruppo Giulio Vampa (chitarra) e Marco Fabbri (Batteria), due giovani talenti che avevamo avuto modo di apprezzare in diverse situazioni live. L’esibizione a Territorio Musicale fu un test per i nuovi Odessa, e ancora una volta l’energia che si sprigionava sul palco e l’entusiasmo della gente ci convinsero a mettere di nuovo seriamente mano al progetto. Per un video tratto dal concerto (Cometa Rossa) potete seguire questo indirizzo: www.youtube.com/watch?v=KdwfPd4_L9g). Forti di una formazione stabile e entusiasta, inaugurammo il sito internet (www.odessazone.com) e confezionammo anche uno spettacolo di covers prog e hard rock chiamato “Hard Rock Legends Show” da proporre in tutti i numerosi contesti in cui la musica “originale “ è off limits. Child in Time dal primo maggio di Piobbico: www.youtube.com/watch?v=PHw4RlTIsZc&feature=related Nel frattempo ricominciai a comporre per il gruppo, e a proporci, utilizzando il bel concerto ad Urbino come promo, a svariati festivals prog in Italia e all’estero. Il primo festival a darci fiducia fu il ProgSud di Marsiglia, dove fummo invitati per la prima volta nell’edizione 2003. Ci esibimmo la sera del 2 maggio 2003 , e la reazione del pubblico fu enorme. Fummo richiamati sul palco e non avendo più brani nostri, proponemmo king Crimson, Deep Purple etc trasformando i bis in una festa totale. Da li fummo chiamati a suonare al Progfarm 2003 in Olanda e al BajaProg2006 in Messico, mentre in Francia abbiamo tutt’oggi molti cari amici e un’ottima piattaforma di fans in espansione. In Italia non siamo mai stati invitati a un festival, ma nel 2007 abbiamo avuto il piacere e l’onore di esibirci al concerto del primo dell’anno con la Banda di Stato di San Marino, in un concerto grosso in omaggio alla musica d’autore italiana. Si può pensare che 10 anni sono un’enormità per pubblicare un disco, in effetti è cosi, ma l’album non è mai stata la sola priorità. Ci è sempre interessato far crescere noi stessi e il gruppo tout court, in primo luogo come live band, visto che il palco e il contatto con il pubblico sono le cose che ci interessano maggiormente. In questi anni inoltre tutti noi ci siamo aperti ad esperienze musicali disparate; io ad esempio mi sono ulteriormente formato come cantante con l’impareggiabile insegnante Letizia Sciuto, ho frequentato come borsista la scuola di Mogol per interpreti, i corsi di canto a Berklee in Umbria Jazz dove ho ottenuto un riconoscimento di “outstanding musician”, scritto una colonna sonora e iniziato a mia volta l’attività di insegnante di canto. Marco Fabbri collabora con Eclat, The Watch, Alex Carpani Band, GiulioVampa è diventato uno dei chitarristi rock più richiesti in zona, come insegnante e come performer, Valerio De Angelis pure collabora con svariate band tra cui il Signor Wolf. Una maturazione che credo abbia arricchito il nostro secondo disco, che consideriamo davvero lo stato dell’arte di quello che siamo oggi; un disco che non nasconde l’amore per il prog delle origini ma che vuole essere un prodotto assolutamente fresco e non derivativo; forse il titolo potrebbe far pensare ad un concept album, tuttavia The Final Day non è stato pensato in questo modo, anche se ci sono progressioni musicali e tematiche che si ripresentano e si richiamano in più momenti. Raccoglie 10 brani di cui 9 originali e la nostra interpretazione del brano degli Area “Cometa Rossa”.

Come è nata la vostra band e quali sono le vostre origini?

-La band è nata nel 1998 grazie all’interessamento di Loris Furlan. Nel 1994 io incisi un demo tape con il mio primo gruppo, gli “Oscuri Manifesti”, che diventò Top Demo in un numero di Metal Shock. Nella recensione si parlava di hard rock progressivo italiano su alti livelli (non che ne sapessi molto sul prog italiano in realtà, ma evidentemente il mio songwriting toccava naturalmente certe atmosfere), e così venni contattato da un certo numero di persone interessate all’ascolto, tra cui Loris, che è giornalista musicale e proprietario della Lizard Records, e con il quale divenni amico. Invitai l’anno successivo Loris a vedere il mio debutto nel ruolo di “Jesus” nella riduzione teatrale di “Jesus Christ” Superstar” ad opera della compagnia bolognese “Undici meno due”, e così lui pensò a me tre anni dopo, quando la Mellow Records cercava un nuovo gruppo da produrre. Nel 1998 la mia vita era radicalmente cambiata, avevo da poco acquistato un ristorante ad Urbino con la mia famiglia, e mio malgrado avevo fermato la mia attività di musicista. La sua telefonata, e la sua proposta, mi colsero molto alla sprovvista, ma fu solo per un attimo: accettai di buon grado di fargli sentire del materiale, e mi misi subito all’opera, attingendo e rielaborando alcune idee che avevo lasciato a sedimentare e l’ultimo materiale che avevo scritto per gli Oscuri Manifesti. Una volta fissate le parti, cercai dei bravi musicisti da coinvolgere; Avevo conosciuto Valerio a un concerto della PFM, e una prova con lui mi convinse subito. Boris Bartoletti mi venne segnalato, e si rivelò un chitarrista incredibilmente preparato, di gusto molto moderno, ottimo anche nel fissare gli arrangiamenti di chitarra, che io non avevo scritto. Federico Filonzi era un suo amico, con il quale portavano avanti un tributo ai Dream Theater. Questa formazione si vide cinque o sei volte nei mesi di novembre e dicembre 1998, e nell’ultima settimana di gennaio incidemmo “Stazione Getsemani” al Blackbird Studio di Sambruson di Dolo. Federico non lo vidi più, mentre Boris rimase nella band fino al 2001. Per vedere gli Odessa con Boris e Ian Paice al teatro della Fortuna di Fano nel dicembre 2000: www.youtube.com/watch?v=Spt938LiYdQ)
Come è nato invece il nome della band?

-Sempre un’idea di Loris Furlan. Io avrei voluto riprendere il nome Oscuri Manifesti, visto che molti brani come Esilio, La Sfera o L’angelo li avevo già portati in giro con questo nome, del quale mi piaceva soprattutto l’ossimoro “oscuro”- che cela- “manifesto” – che mostra-. Loris mi spiegò che “Odessa”, oltre ad ammiccare al prog italiano d’annata, da cui comunque prendevamo spunto, era di maggiore impatto e di più facile memorizzazione anche per un pubblico straniero, e dovetti riconoscere che aveva ragione, e non ci volle molto per affezionarcisi.

Ci sono delle tematiche particolari che trattate nei vostri testi o vi ispirate alla quotidianità in genere? Che peso hanno di conseguenza i testi nella vostra musica?

-In “The Final Day” ho scritto i testi delle canzoni, e ritengo che siano una parte essenziale e una componente emozionale imprescindibile nei brani degli Odessa; Mi lascio esclusivamente ispirare dalle emozioni che vivo e dalle cose che succedono attorno a me; Spesso ricorre il tema della fuga dal grigiore di certo vivere moderno, come in “Taxi” e “Going South” o “Depèche Toi”, mentre “Compra” è un grido contro la morte dell’informazione, della sua trasformazione in persuasione. “Viene la sera” pennella un momento di sconforto e solitudine, “Piccolo mio sole” parla di una persona che non c’è più e del vuoto che lascia la sua assenza. “Final Day” è una piccola storia, quasi un minifilm: una persona esce una domenica mattina a fare una corsa nello splendore estivo del parco cittadino; incuriosito da un assembramento di persone, si avvicina e vede una predicatrice ammonire riguardo l’imminente avvento del giorno finale, tra il divertimento dei più; improvvisamente la veggente fissa i suoi occhi su di lui, che in quel momento diventa partecipe delle visioni di morte della donna. “Leila” è un divertente brano funky, con un testo leggero e ironico; in questo caso ho tentato di riprodurre nel testo in italiano la ritmicità e le sonorità che scaturivano dal provino provvisorio in finto inglese.

Quali sono gli elementi della vostra musica che possono incuriosire un vostro potenziale ascoltatore e quali sono quindi le qualità principali del vostro nuovo album?
-Come ho già detto non si tratta di un disco derivativo del progressive anni’70, ma di un lavoro di gusto moderno che non nasconde radici e riferimenti. The Final Day è musicalmente molto complesso, vocalmente estremo, ma l’ascolto non ne viene necessariamente appesantito, lo consiglierei a chiunque piaccia del rock. Credo inoltre che il sound sia molto originale e renda il nostro stile piuttosto riconoscibile.

Come nasce un vostro pezzo?

-Solitamente da un ritornello o una strofa. Quando c’è un motivo degno di essere appuntato, trovo il modo di registrarlo, lo suono, lo riascolto, lo sviluppo finchè non diventa un brano intero. Con gli Odessa poi si fa tutti assieme un lavoro di arrangiamento, strumenti in mano, finchè la canzone non suona bene.

Quale è il brano di questo nuovo disco al quale vi sentite particolarmente legati sia da un punto di vista tecnico che emozionale?

-Viene la sera è il mio brano preferito perché lo trovo molto intenso e quando lo canto mi emoziono quasi sempre.

Quali band hanno influenzato maggiormente il vostro sound?

-In ordine sparso Lucio Battisti, Supertramp, Deep Purple, Alan Parsons Project, Area, Sting, Steely Dan, America, Dream Theater, Quincy Jones, PFM, Free, Lloyd Webber, Rare Earth, Stevie Ray Vaugan, Dixie Dregs, Brian Auger, Steve Vai, Stevie Wonder e davvero tanti altri;

Quali sono le vostre mosse future? Potete anticiparci qualcosa? Come pensate di promuovere il vostro ultimo album, ci sarà un tour con delle date live?

-Abbiamo presentato due volte il disco in Francia con un ottimo successo, a Febbraio alla “salle Roucas” di Vitrolles e in maggio al festival Progsud. Forse avremo una minitournée all’estero in ottobre ma è presto ancora per dirlo; Sono uscite delle recensioni molto lusinghiere e stiamo continuando a propoore dei promo per farci conoscere, è la cosa che ci interessa maggiormente.

E’ un programma l’uscita di un album dal vivo o magari di un DVD?

-Forse, abbiamo fatto un bellissimo concerto al Progsud, se la registrazione audiovideo ci soddisferà (dobbiamo ancora vederla) è probabile che lo divulgheremo in qualche modo.

Come giudicate la scena musicale italiana e quali problematiche riscontrate come band?

-Non so se sono in grado di parlare dell’intera scena musicale italiana, quello che è evidente è che oggi ci sono moltissimi gruppi, e in generale è molto difficile, e sempre più, trovare dei canali per esibirsi dal vivo. Innanzitutto da noi la continuità della musica dal vivo, ad esclusione della musica classica e colta in genere (ma anche questo settore oggi è in crisi) è ormai quasi esclusivamente affidata ai club, pub e birrerie. Che giustamente portano avanti un discorso commerciale. A causa forse di un insieme di fattori, tra cui i costi e gli impicci burocratici, i vari regolamenti regionali e comunali sul rumore, l’oggettiva disaffezione dei giovani al fruire musica dal vivo, sempre meno locali investono sulla musica live. E da noi non esistono, o sono rarissime, sale da concerto con una programmazione permanente come avviene in altre parti d’Europa. Anche le radio ormai sempre meno diffondono la musica emergente, e sempre più “affittano spazi su compenso”, promuovendo canzoni sulle quali sono stati fatti investimenti da parte di etichette importanti. Per cui un gruppo che voglia arrivare “dal basso”, avere un confronto con il pubblico, sperare di acquisire visibilità con i concerti e allargare la sua popolarità da noi non credo possa farcela, non ha un circuito, un ambiente adatto. Noi oggi veniamo da 10 anni di attività totalmente indipendente. Ritengo che, anche se si può sempre fare meglio, abbiamo raggiunto traguardi importanti e abbiamo un buon numero di persone che ci seguono, ci stimano e si divertono; Vogliamo però arrivare ad incrementare la nostra attività concertistica e ci stiamo dando da fare in quel senso.

Internet vi ha danneggiato o vi ha dato una mano come band?

-Ci ha aiutato perché ci da una visibilità immediata, i nostri video su youtube sono visti e commentati da ogni parte del pianeta, così come i blog e le recensioni, i contatti e le proposte che ci arrivano. D’altro canto è pur vero che internet, ha affossato gran parte del potere delle case discografiche e ridotto enormemente il mercato del disco. In una situazione dove non si investe praticamente più, internet è il solo modo per spingere il proprio progetto. Insomma causa e rimedio; ma meglio così è una novità fantastica e una spallata a chi sta tra chi suona e chi ascolta.

Il genere che suonate quanto valorizza il vostro talento di musicisti?

-Molto, ci esprimiamo molto e in molti modi con la nostra musica.
C’è un musicista con il quale vorreste collaborare un giorno?

-Tantissimi, in particolare non saprei davvero ce ne sono talmente tanti; ma soprattutto ci piacerebbe incontrare un promoter per i nostri live! Curare assieme l’aspetto musicale e l’aspetto manageriale, nonché i contatti, è difficilissimo da fare e impossibile da fare bene.

Siamo arrivati alla conclusione. Vi va di lasciare un messaggio ai nostri lettori?

-Si, oggi la musica dal vivo, e non parlo dei grandi palchi dei big, è messa male. Sosteniamo la musica dal vivo, se un gruppo o un artista vi piace, seguitelo nei club, se siete dei musicisti proponetevi, bisogna riabituare le persone a considerare il concerto come una valida (e più stimolante) alternativa per una serata. Grazie, a presto Lorenzo Giovagnoli.

Intervista a cura di Maurizio Mazzarella

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