Intervista ai nostrani Steel Seal in occasione della pubblicazione del loro ultimo lavoro in studio:
Siete appena usciti sul mercato discografico con un nuovo album in studio, potete presentarlo ai nostri lettori?
-Redemption Denied, con Thomas Vikström dietro il microfono, è il nostro secondo CD, che fa seguito all’album d’esordio By The Power Of Thunder con DC Cooper alle parti vocali e segna per noi un’evoluzione nella continuità, per così dire. Infatti, il nuovo album si pone in sostanziale continuità con il primo lavoro all’interno del progetto cui il gruppo è nato intorno, quello di fondere l’hard rock tradizionale con il power metal neoclassico contemporaneo, e tuttavia costituisce nello stesso tempo un’evoluzione del nostro stile perché rispetto al primo CD è diverso il mix fra le due componenti che caratterizzano la nostra musica: nell’album d’esordio emergeva sicuramente il power, su Redemption Denied probabilmente è l’hard rock a prevalere. Si tratta sempre della fusione degli stessi elementi, ma miscelati in dosi diverse e quindi con effetti finali diversi. Il nuovo album rappresenta con assoluta fedeltà gli Steel Seal quando nella nostra musica prevale la componente hard rock, così come By The Power Of Thunder ci rappresentava perfettamente in un momento di prevalenza del power metal neoclassico.
Come è nata la vostra band e quali sono le vostre origini?
-Gli Steel Seal sono nati a Roma, nel 2003, dall’unione di una parte del gruppo hard rock locale Sacer Tiber con alcuni componenti dei Black Stars, cover band romana di Jngwie Malmsteen. Per iniziativa del nostro chitarrista Marco Valerio ci aggregammo intorno ad un nuovo progetto mirato a preparare materiale originale, basato, come detto prima, sulla fusione fra hard rock e power metal neoclassico, da sottoporre al giudizio del pubblico e delle case discografiche. Con la formazione iniziale registrammo il nostro Demo 2003, un CD promozionale di 5 brani con le parti di batteria sintetizzate al computer che riscosse l’attenzione di diverse Etichette discografiche nel corso del 2004 e ci portò a firmare il contratto con l’italiana Underground Symphony, alla quale siamo tuttora legati con piena soddisfazione e che ha pubblicato i nostri primi due album.
Come è nato invece il nome della band?
-Anche il monicker deriva essenzialmente da un’intuizione di Marco Valerio, subito condivisa dal resto del gruppo. Ci piacevano l’effetto del suono, molto simile, che le parole Steel Seal hanno in inglese ed il loro significato in italiano, “sigillo d’acciaio”, che ci sembrava decisamente adatto per un gruppo di metal. Inoltre nella scelta c’era anche una componente simbolica, perfino un po’ scaramantica se vogliamo, in quanto la nascita di questo gruppo doveva rappresentare la chiusura, finalmente, con tanto di “sigillatura”, della prima parte dell’attività di ciascuno di noi nel campo musicale, quella della lunga e misconosciuta gavetta, e segnare l’avvio di una nuova fase, quella del giusto e meritato riconoscimento delle nostre capacità! E così è stato, alla fine, per cui ci fa piacere pensare che il nome del gruppo, oltre ad essere bello, ci abbia anche portato fortuna...
Ci sono delle tematiche particolari che trattate nei vostri testi o vi ispirate alla quotidianità in genere? Che peso hanno di conseguenza i testi nella vostra musica?
-Fin dall’inizio della nostra attività abbiamo attribuito notevole importanza alle parole delle nostre canzoni; abbiamo quindi dedicato un impegno particolare all’elaborazione di testi di qualità ed elevato lirismo, non incentrati sulla scontata triade donne-parties-macchine veloci e che evitassero di ricadere nelle altre banalità convenzionali degli stilemi metal. Quindi, gran parte delle liriche prendono ispirazione da composizioni di famosi poeti e scrittori di lingua inglese, da William Blake ad Edgar Allan Poe, da Rudyard Kipling a John Keats, e così via, in modo da garantire che le canzoni possano disporre di versi che facciano pensare ed anche emozionare, oltre che divertire, chi li ascolta. Le tematiche affrontate sono le più diverse, anche perché non volevamo rinchiuderci in un solo genere come, per esempio, il fantasy o l’epico, e le canzoni spaziano dalle allegorie fantasy di Burn The Sky al racconto di viaggio romanzato di Time Stood Still, dall’amore infelice di Nevermore al senso della vita di Crown Of Thorns, dalla descrizione del mondo moderno sotto forma di metafora di Call To Roll a quella più cruda e realistica di Lord Of The Flies, ed altro ancora, con una varietà di spunti e suggestioni che non crediamo sia tanto facile a trovarsi nel mondo del metal.
Quali sono gli elementi della vostra musica che possono incuriosire un vostro potenziale ascoltatore e quali sono quindi le qualità principali del vostro nuovo album?
-In primo luogo, sicuramente i riff, che sono poi la struttura portante dei brani e ne condizionano in larga parte la riuscita finale: ci sembrano tutti veramente belli e di alto livello, non ci sono (pochi) brani di punta affiancati da (molti) mediocri riempitivi come purtroppo si trova fin troppo spesso in tanti album del metal contemporaneo. Come già accadde per il primo album, nelle varie recensioni di Redemption Denied che si susseguono in questi giorni quasi ogni brano è stato indicato almeno una volta come il migliore dell’album, a conferma che la qualità media delle composizioni è veramente molto, molto elevata: è stato esattamente notato da qualche recensore che i nostri lavori ricordano un po’ gli LP degli anni ‘70, in cui si aspettava che tutti i brani fossero belli. Poi, le parti strumentali, e in particolare gli assoli di chitarra e di tastiera, tecnicamente impegnativi, variegati e dotati di un inconfondibile sapore neoclassico che ci piace molto. Infine, per quanto detto in precedenza, sicuramente i testi, originali e profondi e dotati di un tocco di vera poesia che li rende realmente interessanti e suggestivi - in certi casi persino affascinanti, secondo noi, e ci auguriamo di non apparire retorici né eccessivi... Anche se sappiamo perfettamente che, alla fine, non sono così tanti, purtroppo, ad ascoltare veramente i testi con attenzione: la maggior parte degli ascoltatori rimane colpita più dal suono delle parole che dal significato e non si sofferma a riflettere sui temi trattati o ad approfondire più di tanto.
Come nasce un vostro pezzo?
-A questa domanda può rispondere al meglio il nostro chitarrista, che è anche il compositore delle nostre canzoni. (Marco Valerio:) Sì, sono io l’autore dei brani del gruppo. Gli spunti dai quali trae origine la mia creatività possono essere i più vari e non sempre ne sono io stesso pienamente consapevole, ma comunque, a seguito di essi mi nasce in mente un motivo che quasi sempre costituisce il riff principale della canzone: intorno ad esso costruisco poi il resto del brano, con le linee melodiche del cantato, il bridge e il ritornello, le parti strumentali, e così via. Altre volte, ma più raramente, il riff scaturisce spontaneamente mentre mi sto allenando sulla chitarra, quando lascio correre liberamente le dita sulla tastiera; ma questo, appunto, è meno frequente, in genere la mia creatività sta più nella mia testa che nelle mie dita. Fondamentalmente, nella maggior parte dei casi ho già in mente un’idea abbastanza precisa del risultato finale dei singoli brani quando li porto ai miei bandmates e cominciano a prendere forma con l’apporto e il contributo di tutti, ma in più di un’occasione li sottoponiamo tutti insieme a numerosi ritocchi e modifiche finché non arrivano a soddisfarci completamente, compreso qualche intervento dell’ultimo momento che inizialmente non avevo in alcun modo preventivato.
Quale è il brano di questo nuovo disco al quale vi sentite particolarmente legati sia da un punto di vista tecnico che emozionale?
-Mah, non ce n’è uno in particolare al quale, come gruppo, siamo legati più degli altri: amiamo tutti i nostri brani alla stessa maniera e nella stessa misura, anche perché, come dicevamo prima, ci sembrano tutti “pezzi pregiati” e nessuno di essi è un riempitivo o un ripiego. Il discorso è diverso, ovviamente, quando si passa a considerare l’opinione dei singoli componenti: in questo caso è normale che ciascuno di noi senta questo o quel brano come maggiormente “suo” perché più emozionante, più coinvolgente, più stimolante tecnicamente, eccetera. Ad esempio, Vikström ci ha detto di amare particolarmente il lento Nevermore, mentre Marco Valerio è molto legato a Burn The Sky, che faceva parte del suo repertorio già da diversi anni ed apriva i concerti del suo vecchio gruppo, i Sacer Tiber; Luca apprezza specialmente i mid-tempos di As Darkness Falls e Holy Thursday, come pure fa Adriano con Lord Of The Flies, mentre a Roberto piace molto la varietà di Evening Star. Come si vede, allo stesso modo dei critici, anche noi musicisti finiamo per indicare come brano preferito tutte canzoni diverse, quasi ciascuno dei brani del nuovo album...
Quali band hanno influenzato maggiormente il vostro sound?
-Uhmm, questa è una bella domanda... Per quanto riguarda la componente hard rock, diremmo sicuramente Deep Purple e Rainbow in primo luogo, mentre per quella power metal i primi nomi che ci vengono in mente sono Malmsteen e gli Stratovarius. Altri gruppi che sicuramente rientrano fra le nostre varie e numerose influenze sono i Dio, i Black Sabbath dell’era Dio/Martin, i Led Zeppelin, i Whitesnake e i Symphony X, e chiediamo scusa se ce ne sono altri ancora che abbiamo omesso di nominare. Comunque, per quanto riguarda lo stile del gruppo, qualche tempo fa abbiamo letto in un sito giapponese una fulminante definizione: “Steel Seal: when Rainbow meet Malmsteen”, che ci sembra notevolmente calzante nella sua lapidaria sinteticità... e alla fine, al di là delle influenze, la cosa più importante per noi è che il nostro stile sia particolare, personale e immediatamente riconoscibile e che la nostra anima sia e rimanga metal al 100%, caratteristiche sulla cui permanenza costante nella nostra musica ogni nostro fan può mettere tranquillamente la mano sul fuoco senza correre il rischio di bruciarsela!
Quali sono le vostre mosse future? Potete anticiparci qualcosa? Come pensate di promuovere il vostro ultimo album, ci sarà un tour con delle date live?
-Nell’immediato, speriamo proprio di riuscire ad intraprendere quanto prima una serie di serate live per promuovere al meglio il nuovo album, sia perché abbiamo tutti una gran voglia di eseguire dei brani così belli dal vivo, davanti ad un pubblico scatenato che ci dia la carica alla grande, sia perché non vorremmo che anche per il nuovo album si ripetesse quant’è purtroppo accaduto con By The Power Of Thunder, che ha sofferto certamente di una carenza di promozione dovuta alla nostra difficoltà di esibirci dal vivo. A questo scopo stiamo cercando di metter su una formazione che possa salire sul palco perlomeno in alcuni concerti in giro per l’Italia, se non anche in un vero e proprio mini-tour che includa anche delle date fuori dai nostri confini. Non è facile, perché, oltre alla necessità di reperire un cantante all’altezza di nomi come DC Cooper e Thomas Vikström, dobbiamo anche fare i conti coi nostri problemi organizzativi personali: nessuno di noi quattro è attualmente un musicista professionista a tempo pieno, tutti facciamo un altro lavoro e tutti abbiamo quindi dei limiti e vincoli piuttosto stringenti che condizionano il nostro impegno con la musica. Comunque, speriamo che tutto si risolva positivamente in breve termine, e se così fosse, voi di Informazione Metal sarete certamente fra i primi ad avere notizia dei tempi e luoghi delle serate previste!
E’ in programma l’uscita di un album dal vivo o magari di un DVD?
-No, purtroppo non è prevista nell’immediato, essendo ovviamente legata all’organizzazione di una serie minima di serate live nelle quali eseguire le registrazioni audio e video necessarie ed essendo tale organizzazione in una fase ancora largamente interlocutoria, come dicevamo prima. Potremmo invece realizzare in tempi brevi un videoclip di qualcuna delle canzoni dell’album, progetto per il quale abbiamo già in testa alcune idee che ci sembrano decisamente interessanti; neanche questo però è ancora ufficialmente deciso, dobbiamo riflettere bene sul da farsi e chi vivrà vedrà.
Come giudicate la scena musicale italiana e quali problematiche riscontrate come band?
-La scena metal italiana, i più anziani ed esperti di noi l’hanno letteralmente vista nascere, alla fine degli anni ’70, e possono testimoniare che fortunatamente si sono fatti grandi passi avanti da quei tempi, quando da noi c’era veramente ben poco e per riuscire a fare qualcosa di serio si doveva andare all’estero, come fecero con alterne fortune Astaroth, Alex Masi, Raff ed altri ancora. Oggi siamo veramente messi bene a livello di qualità e varietà musicale, con gruppi di assoluto valore che sfornano lavori di altissimo profilo praticamente in ogni ambito del metal, e non andiamo male neanche per quanto riguarda case discografiche e riviste e siti specializzati nel settore, che sono numerosi ed attivi. Ciò non toglie che ci siano ancora molte e gravi lacune, purtroppo, sia a livello di diffusione del genere che di strutture e di organizzazione. Il pubblico del metal non è aumentato proporzionalmente al numero dei gruppi e delle etichette, il mercato in Italia è ancora piccolo e limitato e ciò nonostante è saturato da decine e decine di produzioni le cui uscite si susseguono senza sosta, col risultato che gli stessi fan del genere sono disorientati e quasi travolti da una miriade di gruppi e gruppetti; i locali dove suonare dal vivo sono pochi e a volte scadenti e ci sono ancora intere zone dove non è possibile trovarne uno, c'è ancora molta diffidenza che aleggia intorno al metal; anche dove i locali ci sono, poi, non è semplice trovare gestori che siano pronti a rischiare con gruppi che suonano musica propria e propongono materiale originale, anche perché il pubblico spesso non si fa vivo ai loro concerti, mentre accorre alle serate di cover dove può sentire canzoni famose. Noi, come Steel Seal, abbiamo risentito non poco di queste problematiche, che ci hanno impedito di proporci adeguatamente dal vivo come avremmo voluto. Ma soprattutto, è a livello di mentalità, sia del pubblico che degli stessi gruppi, che secondo noi ci sono i maggiori problemi: c’è ancora troppa esterofilia, in molti casi i nostri gruppi vengono ignorati proprio da noi italiani prima ancora che dagli altri, e in questo modo non si aiuta certo la crescita del metal nostrano all'estero; poi, ancora troppi italiani tendono sempre a criticare e sminuire tutto quello che c’è in Italia e ad esaltare quanto è straniero, e questo vale anche per il metal (ad esempio, fatta salva una certa dose di pregiudizio anti-italiano che ancora resiste, il nostro primo album ha ricevuto recensioni mediamente molto più favorevoli all’estero che in Italia); infine, non c’è adeguata collaborazione e solidarietà fra i musicisti, non si riesce a “fare squadra” nemmeno fra gruppi che incidono per la stessa etichetta organizzando eventi e serate comuni e continua a prevalere il tipico individualismo nazionale per cui ognuno cura solo il proprio orticello, per misero che sia, quando non si passa addirittura il tempo a parlar male l’uno dell’altro. In conseguenza di tutto questo, è difficilissimo per un artista metal avere un ritorno economico non diciamo adeguato agli sforzi profusi, ma almeno soddisfacente. Insomma, in Italia il metal, purtroppo, si suona ancora per mera soddisfazione personale o poco più, se cerchi gratificazioni di altro tipo ti conviene cambiare genere o addirittura mestiere…
Internet vi ha danneggiato o vi ha dato una mano come band?
-Come ripetiamo sempre rispondendo alle domande su questo punto, la Rete è un’arma a doppio taglio perché da una parte può dare una grossa mano agli artisti, per i quali è diventato decisamente più facile farsi conoscere a livello mondiale e promuovere la propria attività; dall’altra, però, li danneggia senz’altro a livello di vendite ed economico in generale, in quanto il giorno successivo all’uscita l’album è già in decine di siti per il downloading gratuito illegale e le migliaia di scaricamenti abusivi fanno ulteriormente diminuire le già scarse vendite in un periodo di profonda crisi di mercato quale quello attuale. Questo danneggia gravemente tutti i gruppi ma in particolare le piccole e medie Etichette indipendenti: per tutti questi soggetti è diventato sempre più difficile ricavare dal proprio lavoro un adeguato compenso per le proprie fatiche, e lo stesso è accaduto anche per noi. Ormai crediamo che si salvino, e neanche in tutti i casi, quasi soltanto i gruppi che avevano la fortuna di essere già conosciuti ed affermati prima che iniziasse il declino del mercato discografico. Lo scaricamento illegale e la riproduzione di un numero potenzialmente infinito di copie perfette di un CD partendo da un unico originale iniziale sono due strumenti che troppo spesso sono utilizzati in modo del tutto incosciente ed irresponsabile, oltre che illegale, e rischiano seriamente di uccidere la scena musicale così come noi siamo abituati a conoscerla.
Il genere che suonate quanto valorizza il vostro talento di musicisti?
-Molto, secondo noi: riteniamo che l’hard rock e il power metal neoclassico siano sicuramente due dei generi musicali che maggiormente stimolano i musicisti e ne fanno emergere più compiutamente il talento. Nel nostro caso, la fusione dei due generi ha portato a composizioni articolate e di buona varietà: basta analizzare un po’ i nostri brani per accorgersi di come essi comprendano parti strumentali variegate ed impegnative, momenti di vero e proprio metal sinfonico, intere partiture di musica classica come nel caso dello strumentale Afterlude in D in Redemption Denied, e così via. Lo stesso discorso vale anche per le parti cantate, con il vocalist che nell’arco dell’intero album risulta impegnato praticamente su tutti i registri e gli effetti di colore e di espressione della propria estensione vocale. Ci pare quindi che il nostro genere presenti pienamente quel mix di fattori che servono a far emergere appieno la vera personalità di un artista e a consentirgli di dispiegarla nella musica che esegue. Questo richiede, naturalmente, un adeguato livello di tecnica esecutiva, anche se noi crediamo che nel campo artistico la tecnica vada sempre considerata nel contesto generale dell’opera e mai come elemento a sé stante. In generale, pensiamo che la tecnica sia come il denaro, un ottimo servitore ma un pessimo padrone: ti aiuta a realizzare le tue idee, ad elaborarle e ad esprimerle al meglio, ma se scrivi un brano solo per far risaltare le tue doti tecniche, quasi certamente ne uscirà una composizione mediocre e poco ispirata.
C’è un musicista con il quale vorreste collaborare un giorno?
-Il nostro sogno era che un giorno Ronnie James Dio potesse cantare le nostre canzoni: sarebbe stato veramente grandioso far uscire un nostro album con dietro il microfono colui che è stato forse il più grande cantante metal di sempre! Oggi quel sogno non è più realizzabile, sfortunatamente; adesso ci solletica l’idea di poter avere Lemmy dei Motorhead, un’altra leggenda del metal, a cantare e suonare il basso su uno dei nostri brani. Ci incuriosisce molto pensare a quale potrebbe essere il risultato finale: probabilmente ne verrebbe fuori un pezzo memorabile, da iscrivere a lettere d’oro negli annali del rock…
Siamo arrivati alla conclusione. Vi va di lasciare un messaggio ai nostri lettori?
-Sì, grazie, vorremmo soffermarci sulla questione, cui abbiamo già accennato, dei pregiudizi che ancora oggi colpiscono il metal italiano nel mondo e ne frenano la diffusione. Forse si potrebbe ritenere che l’argomento non interessi gli Steel Seal, visto il grande favore con cui il nostro nuovo album è stato generalmente accolto dalla critica internazionale (basti pensare che la media dei dieci voti più alti delle recensioni incluse nella nostra classifica Best Reviews è attualmente 9,3 su 10); invece, abbiamo notato che, come già accadde per By The Power Of Thunder, fra le poche valutazioni negative, la gran parte sembrano purtroppo influenzate da pregiudizi e diffidenza preconcetta, con critiche basate sul nostro aspetto esteriore o sul modo di vestire o su una presunta e mai dimostrata mancanza di professionalità da stornellatori o mandolinari. Sono i soliti stereotipi anti-italiani duri a morire anche in campo metal, purtroppo, con i gruppi del nostro Paese che devono per forza essere aggregazioni improvvisate di strimpellatori dilettanti, quando non di veri e propri furbetti poco seri ansiosi di prendere in giro il prossimo con la loro musica tra-la-la (chissà poi perché... boh). Non abbiamo mai letto affermazioni di questo tipo per i Metallica o per gli U.D.O. o per gli altri gruppi stranieri che pure portano i capelli corti, o per quelli che indossano magliette e pantaloni ispirati allo stile da skater o peggio, ma solo per noi italiani, guarda caso. Non è l’aspetto esteriore ma la mentalità giusta e lo spirito che hai dentro a fare di te un rocker, e noi italiani ne abbiamo da vendere, potete crederci!, anche senza chiodo, borchie e aspetto truce, con gli occhiali, con i capelli corti o con pochi capelli e nessuna cianfrusaglia argentata attorno alle dita o ai polsi. Allora, vorremmo dire a tutti i lettori di ribellarsi quando leggono stupidaggini di quel genere, di non subirle passivamente ma di intervenire nel dibattito, mandare lettere alle riviste, scrivere nei forum e nei blog, e così via, per far finalmente cessare questo assurdo e anacronistico atteggiamento: difendete la vostra musica, metallers italiani, il nostro futuro dipende anche da tutti noi! Grazie e buon lavoro a Maurizio e a tutti voi di Informazione Metal, e un saluto metallico a tutti i lettori! Keep on rocking and stay metal!
Maurizio Mazzarella
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